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Il radicamento agli/degli spiriti – La progressione didattica nella trasmissione (insegnamento) degli strumenti percettivi

Scritto prima del simposio

Intervengo al riguardo senza essere al corrente del dibattito che, immagino e spero, abbia preceduto l’elaborazione del titolo. Fossi stato presente avrei avanzato la seguente domanda: stiamo usando la parola “spiriti” con quale accezione?
Se, infatti, si usa la parola “spiriti” con il significato con il quale lo usa Rochat de la Vallee quando traduce Shen, credo occorra essere consapevoli che si sta affrontando una categoria difficile da maneggiare.
Ad esempio Rochat dela Vallee cita: “Ciò che lo yin/yang non può sondare sono gli spiriti”1. Significa che quando si usa la parola “spiriti” per tradurre Shen, lo si fa utilizzando un nome che dovrebbe indicare la realtà che precede e determina (Cielo Anteriore) il mondo della dualità manifesta (Cielo Posteriore). Perché gli “spiriti” si radichino e agiscano occorre il Jing (“essenze” secondo Rochat de la Vallee). Dal “radicamento degli spiriti” i “soffi” (Qi secondo Rochat de la Vallee) vengono promossi e controllati2. Senza stare a fare ripassi o lezioni di M.C.C. occorre essere consapevoli che “radicare e conservare gli spiriti” investe la vita dell’essere umano o meglio il regime e la disciplina della vita dell’essere umano. Stiamo perciò entrando in un territorio che è quello del “come si vive” e di quali strumenti usare al riguardo.
“Tutte le tecniche sono buone – dietetica, ginnastica, respirazione, meditazione – a condizione che non abbiano altro fine che aderire al movimento della vita e preservare e confortare la pace interiore.3
Queste nozioni sono usate in un contesto di tradizione e significati precisi (taoista e confuciano come minimo ma vi sono anche altri influssi) dei quali non basta usare la terminologia (con tutte le difficoltà del caso che stiamo esaminando) per recuperare i contenuti e, soprattutto, il saper-fare.
Qui si tratta di una antropologia, di una cosmologia e di trasmissioni di conoscenze che investono le sfere del sacro e del senso della vita.
Con tutto il rispetto per lo Shiatsu declinato nei vari sistemi, non credo che studiare le pressioni sia sufficiente per conseguire le competenze relative a questi livelli. Fosse ancora vivo Masunaga, avrei qualche domanda al riguardo anche per lui. Paradossalmente, usando l’approccio anatomo-fisiologico di Namikoshi ci si pone al riparo da tutto ciò (almeno in parte). Se però si utilizzano le cosiddette categorie energetiche e si desideri accedere alla conoscenze citate, lo studio libresco non è sufficiente e neppure quello di una tecnica, per quanto evoluta. Occorre studiare se stessi e il cosmo. Allora il problema sono i riferimenti e gli strumenti. Se si vuole attingere al non-due è necessario radicarsi in una tradizione, nei suoi insegnamenti e nella gerarchia relativa.
Francamente, non credo le competenze di un insegnante di Shiatsu sufficienti al riguardo. Credo che qui occorra riferirsi e scegliere una tradizione precisa e studiare seriamente in tale ambito.
Per questo, nello Shiatsu Ryu Zo, lo stile che insegno, si dà indicazione di accostarsi alla pratica dello Za Zen e della cultura relativa.
Non ho nessuna pretesa che questa divenga la soluzione generale. So perfettamente che Taoismo, Buddismo, Confucianesimo, Shinto hanno ciascuno caratteristiche e particolarità ben differenziate. Resta il fatto che se si sceglie di studiare ed approfondire una tradizione occorre prendere una via e percorrerla. Altrimenti si diventa, nei casi migliori, degli eruditi oppure, nei casi peggiori, frullati mille gusti con il rischio di ottenere una bevanda dai sapori mal combinati.
Mi auguro venga compreso a quale livello si pone il problema. Ci sono questioni di qualità delle conoscenze, di competenza, di armonizzazione con la disciplina praticata e con le scelte esistenziali.
Questioni complesse, delicate, precise ed ineludibili.
Se poi si fosse voluta usare l’espressione “radicamento degli spiriti” con altre valenze, cosa legittima, occorre però esplicitarlo e dichiararlo.
Ciò premesso, il resto dell’argomento proposto (la progressione didattica nella trasmissione-insegnamento degli strumenti percettivi) crea molte meno difficoltà. Ritengo che qui si sia appieno nelle competenze di un Insegnante di Shiatsu. Gli strumenti percettivi riguardano un piano funzionale dell’essere umano che rientra, esplicitamente o meno, nella routine di ogni lezione di Shiatsu. Si può scegliere di focalizzare più direttamente o meno l’attenzione sulla analisi delle percezioni, ma in un certo modo questo livello è sempre coinvolto.
Per quanto riguarda lo Shiatsu Ryu Zo, distinguiamo due settori percettivi ovvero:

  1. le sensazioni derivanti dalla auto percezione di Torì (operatore)
  2. quelle derivanti dalla percezione di Ukè (ricevente) da parte di Torì.

In realtà la percezione di Ukè da parte di Torì si può ridurre a come Torì venga modificato nel rapporto con Ukè da quest’ultimo.
Quindi la questione riguarda gli strumenti utili ad accrescere e raffinare la percezione di Torì di se medesimo.
Nello Shiatsu Ryu Zo si distinguono tre categorie:

  1. l’auto percezione di Torì nella immobilità
  2. nel movimento
  3. nella relazione con un’altra persona.

Quest’ultima categoria è suddivisa a sua volta in due sottocategorie:

  1. l’auto percezione di sé in relazione ad un’altra persona non mediata dalla pressione (ad esempio, durante un colloquio)
  2. l’auto percezione di sé in relazione ad un’altra persona mediata dalla pressione.

In ciascuno di questi casi si possono utilizzare strumenti e strategie didattiche.

Esaminiamone alcuni.

Auto percezione di Torì nella immobilità e/o nel movimento
Nello Shiatsu Ryu Zo utilizziamo i principali decubiti esaminando i contatti del corpo con il suolo e le loro variazioni in relazione ad elementi introdotti.
Ad esempio:

  1. decubito supino e contati con il suolo prima e dopo esercizi e/o trattamenti
  2. decubito prono e contati con il suolo prima e dopo esercizi e/o trattamenti
  3. decubito sul fianco e contati con il suolo prima e dopo esercizi e/o trattamenti
  4. decubito seduto a terra e/o su uno sgabello e contati con il suolo prima e dopo esercizi e/o trattamenti
  5. decubito in piedi e contati con il suolo prima e dopo esercizi e/o trattamenti
  6. deambulazione prima e dopo esercizi e/o trattamenti e variazioni relative

Auto percezione di Torì in relazione ad un’altra persona

  1. variazioni nei vari decubiti in relazione ad un contatto con un’altra persona
  2. variazioni nei vari decubiti in relazione ad un colloquio con un’altra persona
  3. variazioni nei vari decubiti in relazione ad uno scambio emotivo con un’altra persona
  4. variazioni nei vari decubiti prima e dopo un trattamento con un’altra persona

L’intento di questi esercizi è quello di fornire a Torì strumenti per raffinare e focalizzare la propria auto percezione in relazione a situazioni concrete riguardanti un trattamento Shiatsu ovvero la relazione Torì/Ukè.
Ribadisco che trovandoci in un rapporto duale di conseguimento e guadagno, non considero questa sfera quella del “radicamento degli spiriti”.
Ritengo infatti che l’ambito del “radicamento degli spiriti” riguardi più il lasciarsi raggiungere che il raggiungere.
Tale ambito inerisce certamente il sacro e penso occorra farsi assistere da altre competenze al riguardo.
Immagino perciò l’Insegnante di Shiatsu calato in una rete di relazioni che affianchino e completino le abilità specifiche allo Shiatsu.
Per il “radicamento degli spiriti” affidiamoci, perciò, a chi ne possiede le conoscenze.
Ci siamo tanto battuti per affermare la figura dell’Insegnante e dell’Operatore Shiatsu. Occorre anche stabilirne i limiti.
Affermiamo la didattica degli strumenti percettivi, che ci compete, senza confonderla con l’accesso a livelli che reputo ulteriori rispetto a quelli dell’Insegnate di Shiatsu.
Alla fine si tratta di insegnare a fare pressioni (nello Shiatsu Ryu Zo: a lasciarsi sostenere).
Non dimentichiamolo. Grazie.

— Aldo Doshin Shinnosukè Ricciotti


Possedere gli spiriti è lo splendore (della vita). Perdere gli spiriti è l’annientamento
— Suwen, cap. 13

Se gli spiriti ci lasciano è la morte
— Lingshu, cap. 71

Tutte le citazioni sono reperite in:
http://www.elisabeth-rochat.com/docs/27_spiriti.pdf


  1. Pag.1 http://www.elisabeth-rochat.com/docs/27_spiriti.pdf
    Xici o Grande Commentario del Libro delle Mutazioni, redatto verso il IV-III secolo a.C.
  2. Pag. 6 http://www.elisabeth-rochat.com/docs/27_spiriti.pdf
    Quando gli spiriti sono sotto controllo, essi attivano i soffi in funzione dell’origine, della natura propria di ciascuno e dell’ordine sacro della vita. La reazione a tutte le circostanze è allora perfettamente appropriata e giusta; nulla turba il fluire della vita.
  3. Pag.7 http://www.elisabeth-rochat.com/docs/27_spiriti.pdf