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La cura al tempo delle catastrofi

ISTRUZIONI PER L’USO

Le Fabulae di Igino (un autore latino, vissuto probabilmente nel primo secolo d.C.), circa l’origine degli esseri umani riporta il mito seguente:
“La ‘Cura’, attraversando un fiume, scorse del fango cretoso; pensierosa, ne raccolse un po’ e incominciò a dargli forma. Mentre era intenta a stabilire che cosa avesse fatto, intervenne Giove. La ‘Cura’ lo pregò di infondere lo spirito a ciò che essa aveva fatto. Giove acconsentì volentieri. Ma quando la ‘Cura’ pretese di imporre il suo nome a ciò che aveva fatto, Giove glielo proibì e volle che fosse imposto il proprio. Mentre la ‘Cura’ e Giove disputavano sul nome, intervenne anche la Terra, reclamando che a ciò che era stato fatto fosse imposto il proprio di nome, perché lei aveva dato una parte del proprio corpo. I disputanti elessero Saturno a giudice, il quale comunicò ai contendenti la seguente giusta decisione:

“Tu, Giove, che hai dato lo spirito, al momento della morte riceverai lo spirito; tu, Terra, che hai dato il corpo, riceverai il corpo. Ma poiché fu la ‘Cura’ che per prima diede forma a questo essere, fin che esso vive, sia la ‘Cura’ a possederlo. Per quanto concerne la controversia sul nome, si chiami homo perché è fatto di humus (Terra)”.1

In questo mito l’essere umano è visto, quindi, come un composto di elementi diversi e in qualche modo opposti (la terra, lo spirito), ai quali sono state le mani della ‘Cura’ a dare forma e unità. Perciò fino a quando l’essere umano sperimenta questo tipo di esistenza, non può evitare di farsi carico (cura) del tipo di relazione che si crea tra gli elementi che lo compongono e lo rendono umano. La forma data dalla ‘Cura’ all’essere umano sembra non essere data una volta per tutte. Continua a richiedere, appunto, cura poiché la ‘Cura’ ci possiede. Il nucleo dell’esistenza umana sarebbe quindi la cura delle relazioni (verso l’interno o verso l’esterno di sé) degli elementi che la compongono e, più ancora, il farsi carico della responsabilità e della inquietudine che questo comporta.

Tutti stiamo vivendo giorni di cambiamento dovuti alle restrizioni imposte dalla pandemia del Covid19. Una delle frasi del Vangelo più enigmatiche ed apparentemente ingiuste, credo si applichi sorprendentemente bene ad interpretare questo periodo.

“A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”2 Quanti si erano già confrontati con la responsabilità e l’inquietudine che il mito della’ Cura’ lascia emergere come trama stessa della vita, hanno avuto qualche strumento in più per iniziare il viaggio attraverso il territorio sconosciuto della pandemia. Chi, invece, aveva sempre rifuggito lo sgradevole (ma liberatorio) confronto con inquietudine e responsabilità ha rischiato di vedere accresciuti ancora di più paura, ansia, rabbia e sofferenza per il venire a mancare o ridursi degli abituali schemi di dilazione, fuga e distrazione.
In realtà, la salvezza si trova proprio nella catastrofe. Il verbo greco καταστρέφω (katastrefero) significa capovolgere.

La catastrofe, allora, offre un capovolgimento resistere al quale può risultare fatale, mentre assecondarlo, come si farebbe con un onda travolgente, può offrire l’occasione per riemergere oltre il punto ove si era stati sommersi. Fuor di metafora, significa non solo rendersi disponibili al cambiamento, ma assumerlo, farlo proprio, con l’attenzione, lo studio, la cura (di nuovo!) necessari.
Qualcuno mi ha chiesto dei suggerimenti pratici, sulla base delle mie esperienze, per vivere la cura ai tempi del Covid19. Avendo posto le premesse ecco le ‘Istruzioni per l’uso:

1) ‘Cura’ del prossimo e della prossimità
Quando si rimane per diverso tempo chiusi in poco spazio con altre persone, rapidamente la qualità dei rapporti si fa drammaticamente evidente. Tanto più ci si era già pre-occupati o dis-occupati di questo, tanto più la convivenza risulterà leggera o affaticante. L’uso degli spazi, la capacità di far ordine e pulizia, l’osservanza di orari, silenzi e colloqui comuni mantenendo anche qualche autonomia, la capacità di collaborare e condividere sia la fatica che il divertimento, non sono solo banali indicazioni pratiche. Testimoniano invece la qualità di relazione che abbiamo saputo stabilire con noi stessi e con il nostro ‘prossimo’ convivente (ricordando che il primo prossimo sono io stesso per me stesso)

2) ‘Cura’ delle priorità
Chi e che cosa viene prima e chi e che cosa viene dopo, in relazione agli impegni da assolvere? Quando ho avuto dubbi al riguardo (non raramente) ho sempre trovato utile redigere un elenco scritto delle priorità. Si tratta di un utile esercizio igienico che costringe a dare un ordine mentale, visuale ed anche emotivo al proprio riflettere. A volte capita, poi, di distruggere rabbiosamente il foglio scritto. Ma, anche questo mi pare molto igienico. Stranamente, mettere fuori di sé, scrivendo, quanto si muove al proprio interno, spesso consente la messa in pratica delle priorità. Anche le arti creative aiutano, ma assolvono un altro scopo poiché, in questo caso, non rivelano un ordine. Scegliere priorità costringe crudamente a dichiarare chi o che cosa si ritenga importante. Uno specchio poco accondiscendente e sempre disponibile che, come solo requisito, richiede la sincerità

3) ‘Cura’ dei ritmi
Ogni fenomeno si manifesta attraverso tempi e spazi. Ventiquattr’ore che non siano scandite da ritmi alternanti di impegno e riposo, di condivisione e solitudine, di evacuazione e introduzione, non sono né sane, né salutari. Nel rispetto del variare dei ritmi dati dal variare dell’età (un giovane non presenta l’alternanza sonno-veglia di un anziano) occorre non perdere il ritmo della giornata anche in assenza di quei ‘sincronizzatori’ (lavoro, impegni sociali-familiari, hobby, ecc.) ai quali siamo abituati a demandare l’organizzazione del tempo. Si ricordi che il primo sincronizzatore è il ritmo buio-luce. Se si ha la fortuna di tornare ad adeguarsi ad esso si è già sulla buona strada

4) ‘Cura’ delle differenze
Per affinità e simpatia si scelgono persone affini e in qualche modo ‘simpatiche’ come conviventi o da frequentare. Coltivare anche una relazione con persone, idee e situazioni che siano da noi di solito distanti, trovo sia salutare poiché conduce fuori dalla zona consueta nella quale, spesso, ci troviamo adagiati.

Mantenendo questa attitudine sarà più semplice sia evidenziare zone sconosciute di noi stessi che emergono solo in relazione a chi normalmente evitiamo, sia sapersi meglio adattare agli imprevisti e/o non desiderati ‘casi della vita’

5) ‘Cura’ dei nutrienti
Ci si nutre del cibo, delle passioni, delle idee, delle sensazioni, dei movimenti e dei cambiamenti che tutto questo genera in noi. Occorre porre attenzione a questo flusso in entrata ed in uscita che, incessante, ci attraversa. Senza restarne avvinti, assaporandone pure la mancanza (anch’essa nutre e prepara), cerchiamo di procurarci ciò che fornisce energia senza appesantire e rallentare. Soprattutto, facendoci carico delle condizioni che consentano l’accadere di questi processi

Qualcuno, forse, si sarebbe atteso un elenco di Tsubo da premere o di esercizi da fare. Si tratta esattamente di quello che ho esposto. Se si ritiene che uno Tsubo sia solo qualcosa che riguarda la superfice del corpo o che un esercizio si possa effettuare solo in un Dojo o in una palestra, allora mi sento di suggerire un approfondimento del proprio studio.

Il movimento dell’energia riguarda prima di tutto la vita e come la si vive.

Ideogramma Yi
Fig. 1
Ideogramma Zi
Fig. 2

Gu Mei Sheng3 sostiene che Yi (Intenzione fig.1) e Zhi (Volontà fig.2) comandano il Qi (Energia) insieme allo Shen (Ciò-che-ci-fa-gli-esseri-umani-che-siamo e discende dal Cielo). Scrive: “Lo Yi è molto più di una capacità di ideazione o un’intenzione creatrice, è una potenza spirituale molto sottile che, associata allo Shen, può comandare perfino il Qi e il corpo intero” Aggiunge poco oltre:“Confucio non parla mai del Qi o dello Shen, raccomanda solo di andare dritti al cuore, al re, con la sincerità, con l’intenzione (Yi) sincera, pura”4.

L’ideogramma Yi (Intenzione) è composto nella parte bassa dall’ideogramma del ‘cuore’ da cui promana verso l’alto un suono (fig.1). Perciò: il suono (la parola) del ‘cuore’.

L’ideogramma Zhi (Volontà) è composto nella parte bassa dall’ideogramma del ‘cuore’ mentre nella parte alta troviamo il radicale di germoglio o pianta (fig.2). Perciò ciò che cresce, germoglia dal cuore5.
Quando si vanno a scoprire i codici di comando del Qi, non si tratta più solamente di una questione quantitativa.

È solo una illusione quella di mettere da parte un ‘tesoretto’, come se la salute fosse un bene da guadagnare e poi riporre in una cassetta di sicurezza. Il gioco avviene su tutt’altro piano. Quello, appunto, della volontà-intenzione che germoglia dal cuore e si esprime nel canto-suono-parola-azione che da lì nasce.

In un video, richiestomi qualche tempo fa da una delle più importanti Associazioni Italiane di Operatori Shiatsu (APOS) per fornire strumenti di sostegno utili a superare questo difficile periodo, ho mostrato alcuni ‘movimenti’ uniti a ‘suoni’ la cui esecuzione non è complessa.
Se però si desidera praticare con efficacia e senso, occorre tenere presenti tutti i punti sopra esposti, sperimentando applicandoli.

Oltre questa pandemia, nel nostro futuro sono probabili altri eventi che offriranno un ‘ribaltamento catastrofico’ alle nostre vite. Si pensi solo alla questione climatica, alle migrazioni, ad altre possibili e probabili pandemie, alle drammatiche e complicate trasformazioni sociali alle quali stiamo andando incontro. Tutto questo deve spingerci a concepire ‘salute’ e ‘cura’ come interconnesse con l’esistente e come pratiche universali piuttosto che solamente private. Credo, ad esempio, necessario che, prima o poi, si abbia un occasione per salutare e ringraziare chi ci ha lasciato morendo nei giorni della pandemia senza la possibilità di avere un commiato adeguato. Sento profondamente tutto ciò come una ferita da sanare ritualmente. Chi abbia compreso con una certa ampiezza cosa si intenda per salute, dovrebbe averlo chiaro.
Ringrazio dal cuore la possibilità che ho incontrato di praticare Za-Zen insieme ad un Sangha e con la guida di un Insegnante. Quando si attraversano momenti ‘catastrofici’, è allora che se ne comprende meglio l’importanza.
Fino a quando ogni evento diviene occasione di ‘capovolgimento’.

 

 

 


  1. Igino Fabulae 220 in M. Heidegger Essere e Tempo Longanesi pag.247
  2. Mt13,12
  3. Gu Mei Sheng, Allievo del Maestro Yué Huanzhi, ha dedicato tutta la vita all’insegnamento, studio e pratica del Taiji Quan. Visiting professor all’Università Paris VII, incaricato di tenere dei corsi sulla Civiltà e Filosofia Cinese, nello specifico su Confucianesimo, Taoismo, Buddismo e Taijiquan
  4. Gu Mei Sheng La Via del Respiro Luni pag.98
  5. G. Boschi Medicina cinese: la radice e i fiori Tecniche Nuove pag. 310