Articolo pubblicato su Shiatsu News n.62 marzo-aprile 2019
Ho iniziato a praticare lo Shiatsu come professione nel 1984. Fin da subito mi è stata chiara la necessità di mantenere bilanciate le condizioni di corpo, mente e spirito. Questo per essere d’aiuto al ricevente e, contemporaneanente, a sé stessi. Uno degli strumenti più efficaci e completi scoperti nella mia ricerca, proviene dal Waraku; il suo nome è Hachiriki. In questo articolo si trova una spiegazione di cosa si tratti e come sia utile.
Nel 2009 a Castel Fusano (Rm) si è tenuto il Convegno Nazionale della F.I.S. “Shiatsu Oggi, Esperienze in un Confronto Internazionale”. Il convegno presentava una caratteristica unica. Per la prima volta si riunivano nello stesso evento in Europa, insegnanti del Japan Shiatsu College (Namikoshi) e insegnanti come Endo e Kishi di derivazione Masunaga. Erano presenti come relatori anche numerosi insegnanti ed operatori di diversi paesi europei come Rapenecker, Andrews, Edward, Copers e altri italiani, tra i quali pure io.
Se avete partecipato ad un convegno FIS/FISIEO, sapete che al mattino si inizia con pratiche utili per l’operatore che vanno dal Qi Gong allo Yoga, dal Do In alla meditazione. Potete immaginare la mia sorpresa quando il compianto Akinobu Kishi mi avvicinò e con il suo sorriso ironico e accattivante mi chiese “e tu domani mattina perché non fai Waraku?” Grazie a lui, durante un viaggio in Giappone, quattro anni prima avevo conosciuto presso la Scuola Shinto Oomoto, il fondatore del Waraku, Maeda Hiramasa. Kishi sapeva che, da allora, stavo praticando Waraku sotto la guida di Maeda. Egli, infatti, aveva iniziato a venire regolarmente in Europa dopo il primo seminario organizzato in Italia. La domanda che Kishi mi aveva posto, fatta con la tipica cortesia giapponese, nascondeva però una sottile sfida. Io, infatti, non avevo mai praticato Waraku davanti a dei giapponesi conducendo un gruppo, perciò rimasi interdetto e anche intimorito. Ma non potevo rifiutare. Avrei offeso prima che Kishi, il mio maestro Maeda. Perciò da incosciente quale sono accettai e il sorriso di Kishi si allargò. Così, risolti alcuni passaggi organizzativi poiché questa pratica non era prevista nel programma, il mattino dopo trovai la delegazione del J.S.C. al completo, Akinobu e Kioko Kishi, Shigeru Onoda e numerosi altri shiatsuka italiani e non a praticare l’Hachiriki del Waraku sotto la mia guida. Sembrava che il mondo si fosse ribaltato: un’antica pratica della tradizione giapponese si teneva in Europa condotta da un italiano che la mostrava ad un gruppo di giapponesi. Kishi, con il suo spirito ribelle ed iconoclasta, se la godeva alla grande, io un po’ meno. Pur non avendo fatto paracadutismo, sfoggiai uno spirito degno di un lancio in caduta libera: mi buttai. Non ho ricordi chiari dell’evento. Quello che ricordo con precisione è, alla fine, la processione dei giapponesi che venivano a ringraziarmi con un’ordinata fila iniziata da Kishi e conclusa da Onoda, il quale mi chiese di poter scrivere a Maeda per informarsi riguardo al Waraku e per sottolineare quanto fosse importante formare la “pancia” (Hara).
Se ho descritto tutto questo è perché in quella occasione ho avuto la conferma di quanto giusta fosse stata la mia intuizione sull’importanza per l’Operatore Shiatsu di conoscere una disciplina come il Waraku, anche solo nella forma base dell’Hachiriki.
Hachiriki è la prima forma del Waraku, disciplina che nasce dalla sapienza antica del Kotodama, il cuore dello Shinto giapponese. Kotodama significa “suono dello spirito” o “spirito del suono” e si rifà alla energia creatrice delle matrici sonore primigenie.
Hachiriki significa “otto forze/poteri” e manifesta nel movimento i suoni del Kotodama. Il Waraku è stato diffuso per la prima volta nel 2000. Io l’ho incontrato nel 2005.
Hachiriki è uno strumento potente per la centratura del corpo e dello spirito. Utile ad ogni essere umano ma insostituibile per un Operatore Shiatsu che desideri coltivare il proprio equilibrio per donare agli altri trattamenti eseguiti nelle migliori condizioni.
Hachiriki prevede numerose maniere di esecuzione. Si può iniziare con la forma base che prevede l’uso del respiro ma non ancora i suoni, nelle versioni lenta e veloce, in seiza ed in piedi. Successivamente vengono introdotti i suoni, la forma con i movimenti indipendenti delle braccia e gli spostamenti del corpo in senso circolare orario e antiorario. Come spesso capita nelle arti giapponesi, la forma base contiene già i semi, le matrici di tutta l’arte. Padroneggiare l’Hachiriki comporta perciò uno studio complesso e profondo. La forma in sé non è di così difficile apprendimento, tutt’altra questione è praticarla con le sfumature e la profondità che richiede. Ma ora vediamo più nei dettagli alcuni elementi dell’esecuzione.
La prima posizione (fig. 1) si assume in piedi a mani giunte e piedi uniti. Si mantiene la immobilità per qualche attimo per poi emettere il suono “SSSSSSSSS” con una prolungata espirazione.
Questo suono è rappresentato graficamente da un punto e rappresenta la vibrazione originaria che si dice abbia dato origine all’universo. Anche nella versione dell’Hachiriki che comprende solo l’uso del respiro e non dei suoni, “SSSSSSSSS” viene comunque emesso all’inizio e alla fine. Una volta emesso il suono mentre termina l’espirazione le mani giunte scendono davanti all’addome (fig.2) per poi salire verso l’alto (fig.3). In questa posizione ci si ferma per qualche attimo come per stabilire un contatto con il Cielo (verticale). Poi si scende alla posizione della (fig.4), con le mani davanti all’addome, tra ombelico e pube. Anche qui ci si arresta per qualche attimo, come per stabilire una connessione con la Terra (orizzontale). Fermandosi in questa posizione si emette il suono “SSSUUU”, rappresentato da un cerchio con un punto al centro. Il suono “SSSUUU” e l’immagine che lo rappresenta va focalizzata sulla zona del plesso solare chiamata Chuden (fig.5). Questo suono ed i suoi movimenti, secondo la tabella del Kotodama, sviluppano purezza. Poi le mani salgono di nuovo verso il cielo per poi dividersi e formare un triangolo mentre i piedi fanno la stessa cosa separandosi sul piano frontale (fig. 6, 7, 8). Inizia poi un movimento bilaterale circolare ascendente delle braccia, al termine del quale ci si arresta con le mani rivolte al cielo, le braccia aperte e il corpo in estensione (fig.11). Da qui inizia il movimento inverso bilaterale circolare discendente al termine del quale ci si arresta con il palmo delle mani rivolto a terra, il corpo in flessione e la schiena allineata (fig. 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18) . Si emette poi il suono “UUUUU”. L’immagine relativa, un cerchio con numerosi cerchi concentrici, e il suono vanno ancora focalizzati su Chuden. Il suono U ed i suoi movimenti, secondo la tabella del Kotodama, sviluppano forza. Seguono poi i movimenti delle (fig. 19, 20, 21, 22). Si effettuano estensioni e flessioni del busto che comportano un movimento sul piano orizzontale delle braccia. Terminati questi movimenti si compie un passo in avanti con la gamba destra, introducendo così uno spostamento dei piedi sul piano sagitale. Si pone poi il polso sinistro sopra quello destro. Le mani sono poste di taglio, con i dorsi che si sfiorano e le dita ben aperte (fig.23). In questa posizione si emette il suono “AAAAAA”, focalizzandosi su Chuden posto al centro del capo, con l’immagine di un cerchio attraversato da una linea orizzontale. Secondo il Kotodama questo suono ed i suoi movimenti sviluppano la capacità di dare e ricevere amore.
Inizia poi un movimento spiraliforme tracciato in senso orario ascendente obliquo denominato Gyo (fig.24, 25). A questo segue un movimento spiraliforme tracciato in senso orario discendente obliquo denominato Kai.
Si pone poi il palmo della mano sinistra sopra il dorso della mano destra e tenendole così sovrapposte davanti all’addome, mantenendo il piede destro avanti e quello sinistro dietro, si emette il suono “OOOOO” (fig. 26, 27, 28). Questo suono ed i suoi movimenti, secondo il Kotodama, sviluppano la pace e l’amicizia. Nell’emetterlo ci si focalizza su Kaden, si trova nel basso addome, visualizzando un cerchio con una linea verticale. Seguono poi Bun e Gou, movimenti spiraliformi orari ascendenti e discendenti verticali (non illustrati). A questo punto la sequenza in senso orario è terminata. Ne segue una specularmente identica ma in senso antiorario. Si pone perciò il piede sinistro in avanti e si sovrappongono le mani come per emettere “O” ma invertendo la posizione perciò palmo della mano destra sopra dorso della mano sinistra. Si emette “EEEEE” focalizzandosi ancora su Kaden e visualizzando un cerchio con una croce all’interno. Questo suono ed i suoi movimenti, secondo il Kotodama, sviluppano il coraggio. Seguono Dou e Sei, movimenti spiraliformi antiorari ascendenti e discendenti verticali (non illustrati). Infine Hachiriki si conclude con la emissione della “IIIII” che viene effettuata nella posizione speculare (non illustrata) a quella usata per la “A”. L’uso di Inn e Chi (movimenti della “I”) e la sua emissione, secondo il Kotadama sviluppano saggezza.
Al termine dell’Hachiriki si ritorna nella posizione della fig. 1 e si emette di nuovo il suono “SSSS”.
Dopo qualche attimo di silenzio la forma è conclusa.
Dare una suggestione degli effetti di questa pratica attraverso uno scritto è praticamente impossibile. Si possono suscitare curiosità ed interesse, ma per “assaggiarne” gli effetti alla fine occorre apprendere ed eseguire a lungo l’Hachiriki.
Non voglio però sottrarmi dall’esprimere quanto ho sperimentato.
Gli insegnanti che preferisco sono quelli che forniscono all’allievo le chiavi per fare un’esperienza senza predeterminare quale sarà l’esperienza stessa, evitando, quindi, di creare una suggestione al riguardo. Non ho bisogno di sentirmi dire che cosa mi succederà se farò quanto mi è stato suggerito. Ho bisogno che mi siano dati i mezzi per scoprirlo. Questo crea libertà e crescita della conoscenza perché così facendo è possibile fare scoperte, alcune delle quali coincideranno con quanto hanno scoperto coloro i quali hanno usato gli stessi mezzi precedendomi, ma altre saranno scoperte nuove ed originali.
Dopo circa tredici anni di pratica non posso dire che praticando Hachiriki, come per magia, si siano manifestate le caratteristiche che il Kotodama sostiene si sviluppino: purezza, forza, amore, pace-amicizia, coraggio, saggezza. Queste caratteristiche esistevano già in me come in qualunque essere umano. D’altra parte chi mi conosce e frequenta sostiene che in me ci sia stato un cambiamento avvertibile che si può sintetizzare in una maggiore “rotondità, circolarità”. Quello che sento è che la pratica dei movimenti a spirale dell’Hachiriki, oltre ad essere naturale e piacevole, a lungo andare ha sviluppato una “spiralità” che si riflette nelle relazioni e nei rapporti che tendono più difficilmente a diventare conflittuali. Non sono però venute a meno decisione e forza, solo sono modulate in modo più avvolgente e confortevole. Quindi, in qualche modo, le caratteristiche delineate dal Kotodama si manifestano in modo inconscio, naturale che è il più profondo e solido.
Aggiungo che un’altra maturazione è stata quella della percezione dei tre centri: Joden, Chuden, Kaden.
Quando termino la pratica di Hachiriki, soprattutto con i suoni, è frequente avere una sensazione vibrante e di gradevole tepore in quelle zone, sia frontalmente che dorsalmente. Non di rado questo si accompagna alla comparsa di idee, intuizioni o ispirazioni oltre che a pace e benessere.
Certo per avere la prova provata, dovrei riavvolgere il film della mia vita, tornare al 2005, non praticare Waraku per tredici anni, per poi verificare quale essere umano sarei così. Peccato non sia possibile. Bisogna allora accontentarsi di osservare i frutti che ho descritto, che nascono solo dalla esperienza e dalla pratica.
In conclusione esistono diversi strumenti che l’Operatore Shiatsu può utilizzare per il proprio benessere e la propria centratura. Ritengo l’Hachiriki uno dei più validi ed efficaci mezzi da me scoperto e per questo sono contento di aver contribuito a renderlo un poco più conosciuto e, mi auguro, praticato.
— Aldo Doshin Shinnosukè Ricciotti